IL TRIBUNALE
   Ha deliberato la seguente ordinanza;
   Sentite  le  parti  alla  pubblica  udienza  dibattimentale  del 28
 settembre 1998;
   Visti gli atti del procedimento;
   Udito il presidente relatore;
   Premesso che, alla udienza del 28 settembre 1998,  l'avvocato  Vito
 Tassone,  procuratore  e  difensore di R. S. e di L. C., parti civili
 costituite, in proprio e della  qualita'  di  genitori  esercenti  la
 potesta'  sulla  figlia  minore  R. F. nel giudizio penale n. 61/1998
 Reg. Gen.  Mod.  XVI,  contro  Vallone  Paolo,  ha  chiesto  che  sia
 dichiarato   provvisoriamente   esecutivo  il  capo  della  sentenza,
 concernente la condanna dell'imputato al risarcimento  dei  danni  in
 favore di dette parti civili;
   Premesso  che,  nella  stessa  udienza, iI tribunale ha pronunciato
 sentenza di condanna del Vallone (riconosciuto colpevole dei  delitti
 a  lui  ascritti)  al  risarcimento,  in favore delle parti civili de
 quibus dei  danni,  liquidati  in  lire  quindici  milioni,  con  gli
 interessi legali dal 22 luglio 1996, e alla rifusione delle spese del
 processo,  e  ha riservato di provvedere sulla istanza di provvisoria
 esecuzione con separato provvedimento;
   Premesso che, pertanto, nel presente procedimento deve provvedersi,
 a  scioglimento,  della  riservata  deliberazione,  sulla   precitata
 istanza di provvisoria esecuzione;
   Considerato, in proposito, che, laddove l'art. 540, comma 1, c.p.p.
 subordina la concessione della esecuzione provvisoria alla ricorrenza
 di  "giustificati  motivi", nella specie non e' dato apprezzare - ne'
 le parti interessate hanno, peraltro, prospettato - la sussistenza di
 veruna circostanza alla  stregua  della  quale  possa  ritenersi  che
 ricorra  detta  condizione  di legge dei "giustificati motivi" per la
 provvisoria esecuzione;
   Considerato che, pertanto, l'applicazione della norma in  questione
 comporterebbe  il  rigetto  della  istanza  di provvisoria esecuzione
 proposta dalle parti civili nel presente giudizio;
   Considerato, tuttavia, che il tribunale ha motivo di dubitare della
 legittimita' costituzionale della disposizione de  qua  per  sospetta
 violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione;
   Considerato,  infatti, in proposito, che, laddove l'art. 282 c.p.c.
 (siccome novellato dall'art. 33 della  legge  26  novembre  1990,  n.
 353)  fissa  il  generale  regime  della (incondizionata) provvisoria
 esecutivita' delle sentenze di primo  grado  nei  giudizi  civili  (a
 prescindere  dalla sussistenza di "giustificati motivi"), la difforme
 disposizione di cui all'art. 540, comma 1 c.p.p., col subordinare  (e
 limitare)  alla  condizione  della  ricorrenza di detti "giustificati
 motivi" la provvisoria  esecuzione  della  sentenza  di  condanna  al
 risarcimento  dei  danni pronunciata dal giudice penale, si prospetta
 irragionevolmente  discriminante   in   pregiudizio   della   persona
 danneggiata  dal  reato  la  quale  si  e'  avvalsa della facolta' di
 esercitare l'azione risarcitoria o restitutoria (anziche' dinanzi  al
 giudice  civile)  nel  processo  penale  ovvero  in detto processo ha
 trasferito l'azione gia'  esercitata  (art.  75  c.p.p.),  risultando
 vulnerati il principio di uguaglianza (art. 3) e il diritto di azione
 e  di  difesa  (art. 24 della Costituzione), posto che la provvisoria
 esecuzione si configura come elemento accessorio  della  condanna  al
 risarcimento  dei  danni,  affatto  intrinseco  rispetto  al capo che
 riguarda l'azione civile, sicche', una volta ammessi l'esercizio o il
 trasferimento della azione de qua nel processo penale (artt. 74 e  75
 c.p.p.),   la  limitazione  della  tutela  (in  punto  di  esecuzione
 provvisoria) per la parte danneggiata  vittoriosa  non  puo'  trovare
 alcun   ragionevole   fondamento   sulla   considerazione  dell'unico
 (ravvisabile)  profilo  differenziale   che   e'   costituito   dalla
 circostanza  che  la  cognizione  del  giudice adito involge anche la
 questione della penale  responsabilita'  dell'imputato  convenuto  in
 risarcimento,  trattandosi,  per  l'appunto, di circostanza del tutto
 irrilevante ai fini della questione in parola;
   Premesso, in relazione a tale ultimo profilo, che il  collegio  non
 ignora  l'autorevole  (contraria) opinione, secondo la quale, laddove
 "la provvisoria esecutivita' di tutte le  sentenze  civili  di  primo
 grado  risulta  (..)  coerente  con  il nuovo modello strutturale del
 giuditio civile (..) dopo la  riforma  (..)  ed  e'  fondamentalmente
 volta   a   scoraggiare,   attraverso  la  soppressione  dell'effetto
 sospensivo  dell'appello,  impugnazioni  meramente  dilatorie",  tale
 finalita'  si  prospetterebbe "estranea alla dinamica del gravame nel
 processo penale, dove  assai  improbabile  si  rileva  nella  realta'
 effettuale una limitazione dell'appello dell'imputato al solo capo di
 condanna   concernente   il  risarcimento  del  danno",  sicche',  in
 considerazione  di  tale  ritenuta  differenza  di   situazioni,   si
 appaleserebbero  non  irragionevoli  la  discriminazione  operata dal
 legislatore nella sua discrezionalita' e la compressione della tutela
 per il danneggiato dal reato (v.  Corte  costituzionale,  25  marzo-3
 aprile  1996,  n.  94  in Gazzetta Ufficiale prima serie speciale, 10
 aprile 1996, n. 15);
   Considerato,  tuttavia,   che   l'assunto   de   quo   non   appare
 condivisibile:
     in  primo  luogo,  perche'  quanto e' ritenuto "assai improbabile
 (..) nella realta'  effettuale"  costituisce,  tuttavia,  oggetto  di
 specifiche  previsioni  del legislatore, laddove, nel codice di rito,
 ha espressamente contemplato,  in  generale,  la  possibilita'  della
 impugnazione  per  i  soli  interessi  civili (art. 573 c.p.p.) e, in
 particolare,  la  possibilita'   della   impugnazione   dell'imputato
 esclusivamente  "contro  i  capi della sentenza che riguardano la sua
 condanna alle restituzioni e  al  risarcimento  del  danno  e  contro
 quelli  relativi  alla  rifusione delle spese processuali" (art. 574,
 comma 1 c.p.p.), sicche' i casi de quibus,  normativamente  previsti,
 non   possono   essere,   comunque,   espunti  e  obliterati  con  la
 considerazione della loro improbabilita' (cioe', rectius, della  loro
 infrequenza  sul  piano  della  statistica  giudiziaria),  al fine di
 postulare  la  ritenuta  differenza  di  situazione  legittimante  la
 discriminazione,   posto  che  per  absurdum,  cosi'  opinando,  ogni
 violazione del principio  di  uguaglianza,  se  afferente  a  ipotesi
 ritenute  infrequenti  o  improbabili,  finirebbe, per cio' solo, col
 sottrarsi al sindacato di legittimita' costituzionale;
     in  secondo  luogo,  perche'  la   finalita'   deflattiva   delle
 "impugrazioni   meramente  dilatorie",  apprezzata  in  relazione  al
 vittorioso esercizio della azione civile, evidentemente ricorre e  si
 prospetta  negli  stessi  termini,  con riferimento, appunto, ai capi
 della sentenza di condanna che riguardano l'azione civile, anche -  e
 altrettanto  -  nel  caso  dell'esercizio (o del trasferimento) della
 medesima azione civile nel processo penale, senza che nulla rilevi al
 riguardo la circostanza, meramente  occasionale  ed  estrinseca,  che
 l'imputato-convenuto   impugni   ovvero  no  anche  alcuno  dei  capi
 concernenti   l'affermazione   della   responsabilita'   penale,   la
 determinazione della pena o la applicazione della confisca;
   Considerato, infine, che non appare contestabile la rilevanza della
 questione di legittimita' costituzionale, concernendo  la  norma  che
 questo Tribunale deve applicare nel presente procedimento;